Tutta la vita davanti

Laurearsi e scoprire che si ha tutta la vita davanti. Entrare in una sala cinematografica e assistere alla teatralizzazione della realtà lavorativa italiana. Questa è la pellicola “Tutta la vita davanti”, nei cinema dal 28 marzo.

La voce narrante di Laura Morante accompagna lo spettatore a confrontarsi con la vita della protagonista Marta, una bravissima Isabella Ragonese, giovane laureata con lode in Filosofia Teoretica che, dopo vari tentativi falliti di entrare nel mondo del lavoro, accede a una realtà a lei sconosciuta, un call center nella nuova periferia romana.

La fiction si muove scaltra, trattando con leggerezza senza mai essere banali e scontati, una realtà che appartiene ai giovani laureati italiani, abbandonati a se stessi, speranzosi nel futuro.

Sarà solo un giovane sindacalista, Massimo Ghini, simpatico e attivista, la chiave di lettura che attraverso un’attenta documentazione sul tema del precariato, riuscirà a sensibilizzare i media e l’opinione pubblica. Ma sarà lui stesso a depositare la bandiera bianca per il nostro prossimo futuro o almeno questo sembra essere il messaggio trasmesso da Virzì. Il regista toscano dà vita a un’opera corale, matura e agghiacciante, una detta commedia nera che mette in scena vari personaggi che si intrecciano tra di loro ognuno con la propria identità socio-culturale, vite accomunate da un probabile futuro.
 
Esiste la vita davanti? Questa è la domanda che incessantemente sembra rincorrere i personaggi della storia, a volte esaltati dal loro fasullo presente (come un’illusa Sabrina Ferilli), altre umiliati dalla banalità e precarietà della propria vita.

È piacevole assistere al film, il divanetto del cinema non sembra mai essere scomodo durante la proiezione, ma gli occhi e il cuore affannosamente e con amarezza assistono e accettano senza condividere una cruda realtà sociale, la nostra. Insomma, un’Italia dolce e amara quella di Tutta la vita davanti, che commuove e angoscia lasciandoci con un groppo in gola.

(A. R.)