L'inconsolabile tenerezza di Salinger

Pensare J.D. Salinger, il famoso autore americano scomparso pochi giorni fa all’età di 91 anni, comporta un automatismo: guardare a Holden Caufield come il punto massimo ed eccelso della sua opera. Precursore della sovversione della morale della letteratura che seguì, per cui l’obiezione di coscienza non era solo alla guerra ma alle forme sociali della vita americana, il Giovane Holden è passaggio obbligato della letteratura di formazione.
Ma in attesa di capire se durante i lunghi anni di vita appartata l’autore avesse continuato a scrivere, o se ci aspettano soltanto discutibili operazioni commerciali, è d’obbligo riscoprire quelli che da molti sono considerati i veri capolavori dello scrittore: ne “I nove racconti” vi è la perfetta sintesi della rabbia e del senso di disagio provati da un uomo che ergeva a principi cardine i valori dell’infanzia: gli unici in grado di filtrare la realtà e ricavarne qualcosa che somigliasse alla verità.
In “Franny e Zooey” e “Alzate l’architrave, carpentieri e Seymour. Introduzione”, attraverso i personaggi della famiglia Glass, Salinger dà figura al crollo lento di un ideale di famiglia che nella sua menzogna politica la società americana non vuole riconoscere, una famiglia che non protegge e non prepara alla vita.
Un’opera frammentaria, non consolatoria ma sacrificale, dove grazia e tragica amarezza si amalgamano in uno stile minimalista, con la levità e insieme ruvidezza che solo un genio letterario può esprimere.
Rileggere Salinger oggi, questo sì che può essere consolatorio.

(A. V. )