Skeleton Tree. Il ritorno di Nick Cave

Nick Cave è tornato. Ancora una volta ad accompagnarlo ci sono i Bad Seeds, musicisti e produttori dell’ultima fatica del cantautore australiano.

Niente a che fare con l’apparente pacificazione ascoltata in “Push the sky away”, del 2013.

In “Skeleton Tree”, centrale torna il tema del lutto, chiaramente riconducibile alla morte del figlio Arthur avvenuta proprio durante le sessioni di registrazione dell’album e che ne ha condizionato totalmente l’atmosfera.

A fare da apripista al disco è il singolo “Jesus Alone”, una sorta di elegia funebre in cui la condizione del singolo diventa universale. Seguono le allucinazioni di “Rings of Saturn”, ponte per due delle vette più alte dell’album, “Girl in amber”, con l’evocativa immagine di una ragazza intrappolata nell’ambra eI need you”, incentrato sulla perdita della persona amata. “Distant sky” vede protagonista il soprano danese “Else Torp” che presta la propria voce per quello che sembra già essere un congedo ma non è così.

L’album si conclude con il singolo che dà il titolo all’album, “Skeleton Tree” che lascia aperto uno spiraglio, prontamente chiuso.

È un album recitativo, delicato e potente, supportato da sintetizzatori e archi orchestrati dal polistrumentista Warren Ellis.

Se le fasi del dolore sono cinque, Nick Cave le ha senz’altro affrontate tutte in questo lavoro ipnotico che vi farà male al primo, al secondo e probabilmente ad ogni altro ascolto ma di cui non potrete davvero più fare a meno.

Per apprezzarlo pienamente accompagnatelo alla visione di “One More Time With a Feeling”, il documentario realizzato dal regista Andrew Dominik sulla realizzazione del disco.

Chi. Pis.