Nel 1983 Vasco Rossi va per la seconda volta a San Remo. Ciondolante, sbruffone, stropicciato. Sconvolge la platea dell’Ariston di donne impellicciate e sonnecchianti. Già era piombato sul palcoscenico nazionalpopolare per eccellenza con Vado al massimo, chiudendo la sua dissacrante performance con il microfono nella giacca. Arriva ultimo. Non si arrende. Il rocker di Zocca è nato per sconcertare, e propone Vita Spericolata, che diventerà ben presto l’inno di una generazione che esce dagli anni ’70 e non crede negli anni ’80 che già si stanno imponendo come capaci di riempire il vuoto con plastica e superfluo. Vasco elenca un modello di vita, di uomini di provincia che vagano nei bar, sognano un futuro che cambi all’improvviso, e magari diventare star hollywoodiane. Ma sono sogni che sfumano dopo l’ennesimo bicchierino al bancone del Roxy Bar.
“E poi ci troveremo come le star,
a bere del whisky al “Roxy Bar,
o forse non c’incontreremo mai,
ognuno a rincorrere i suoi guai…”
Uscendo dal palco, il Blasco svela la finzione di San Remo. La canzone continua anche senza di lui. Il playback impera. Sconvolge più della Lacrima sul viso di Bobby solo di vent’anni prima. Vasco Rossi se ne va, strafottente, lasciando a quel mondo falso il gioco, mentre fuori lo attende una vita piena di guai