Uno straordinario esordio
"La bambina ribelle" è il romanzo d’esordio della talentuosa scrittrice Nafisa Haji, nativa di Los Angeles ma di radici indo-pakistane. La sua famiglia migrò da Bombay a Karachi nel 1947, ed i genitori di Nafisa, a loro volta, si trasferirono negli States, a Stanford, dove il padre compì i suoi studi di ingegneria. La giovane scrittrice crebbe, quindi, in un fervido clima pluriculturale che le permise di sviluppare una sensibilità ed un’intelligenza che il suo primo romanzo sanno trasmettere a pieno.
"La bambina ribelle" (Garzanti, p.284 € 17,50) ripercorre in maniera coinvolgente la storia di Saira dall’infanzia alla maturità, una vita vera che s’intreccia con quella dei numerosi altri componenti della sua famiglia, e che mette in luce le divergenze culturali profonde che possono aprirsi anche all’interno di uno stesso nucleo familiare.
L’osservanza religiosa, il modo di vestire, l’intrattenersi in luoghi pubblici con persone dell’altro sesso, l’indossare il velo sono solo alcune delle tante "questioni" su cui si dividono, differenziandosi, gli atteggiamenti di Saira, incapace di rispettare la tradizione musulmana più rigorosa, e quelli di sua sorella Ameena, che, progressivamente, sembra radicarsi nell’ossequio della religione islamica.
Il romanzo della Haji, però, non affronta solo problematiche morali e culturali: racconta storie reali dal grande spessore; racconta i sentimenti che, a quelle storie, si accompagnano; racconta di persone "comuni", delle loro verità e dei loro segreti.
"La bambina ribelle" ha un ritmo incalzante e travolgente pur essendo scritto in uno stile semplice ed immediato: esso non commuove perché contenutisticamente drammatico, ma perché profondamente attuale e sincero.
G. A.