Settant’anni fa apparve il romanzo di una giornata: il romanzo che avrebbe cambiato radicalmente il volto alla letteratura mondiale. Ulisse di James Joyce. E nel 2012, scaduti i diritti, Newton Compton manda in libreria una nuova traduzione di Enrico con Carlo Bigazzi.
Un nuovo modo per leggere il romanzo epico, fluviale, strabordante di riferimenti e generi, vera punta angolare della tradizione occidentale che dopo il monologo interiore di Molly Bloom, dopo le peripezie di Leopold Bloom e i dubbi angoscianti di Stephen Dedalus non sarà più lo stesso.
L’intera vicenda si svolge in meno di ventiquattro ore, tra i primi bagliori del mattino del 16 giugno 1904 – data in cui Joyce incontra Nora Barnacle, la futura compagna di una vita – fino alle prime ore della notte del giorno seguente.
Il protagonista principale, l’ebreo irlandese Leopold Bloom, non è un eroe o un antieroe, ma semplicemente un uomo di larghe vedute e grande umanità, sempre attento verso il più debole e il diverso, e capace di cortesia anche nei confronti di chi queste doti non userà con lui. Gli altri protagonisti sono il giovane intellettuale, brillante ma frustrato Stephen Dedalus – già personaggio principale del libro precedente di Joyce, Dedalus. Un ritratto dell’artista da giovane – e Molly Bloom, la moglie dell’ebreo, vera e propria regina del romanzo. Alla fine, stesa sul vecchio letto scricchiolante, Molly sarà intenta a riflettere – in un monologo di più di ventimila parole non scandite da punteggiatura – sulla giornata appena trascorsa, sul suo tradimento del marito, su ogni ricordo del passato, e sui potenziali futuri immaginati. Figura dalla solida corporeità, Molly è una donna gloriosamente istintiva, ma anche resistente a una qualunque forma di caratterizzazione categorica.