Radiohead – In Rainbows
A quattro anni di distanza dal precedente “Hail to the Thief”, la band di Thom Yorke decide di stravolgere le regole del mercato musicale autodistribuendosi online tramite il loro sito internet, www.radiohead.com, con un prezzo per il download liberamente scelto dall’acquirente.
L’alternativa è aspettare il 31 dicembre, data scelta per il lancio del disco nei negozi. “In Rainbows” sarà distribuito dall’etichetta indipendente XL che ha già pubblicato il lavoro solista di Thom Yorke, e che ha, nella sua scuderia, band come Sigur Ros e White Stripes. Ma passiamo alla musica.
Se “Hail to the Thief” pur contenendo grandi canzoni, soffriva di mancanza di omogeneità, questo nuovo lavoro ha il pregio di offrire un continuum sonoro lungo tutta la durata del disco. Le dieci canzoni che compongono “In Rainbows” fanno tutte parte di uno stesso disegno, saltarne anche una soltanto, significherebbe stravolgerne le linee che lo compongono.
Per questo motivo, almeno concettualmente, lo si può paragonare a “Kid A.” ma le affinità finiscono qui. Infatti, la direzione musicale intrapresa è ancora una volta nuova. Se il brano d’apertura, “15 Step”, presenta ancora qualche beat elettronico che riconduce al passato recente della band, e “Bodysnatchers” mette in evidenza chitarre graffianti come non le si sentiva dai tempi di “The bends”, è la terza traccia, “Nude”, a mostrarci i Radiohead del 2007: una band che dopo aver stravolto la forma-canzone, ritorna a questa creandone il modello perfetto.
”Nude” è una dolce ballata acustica arricchita da una maestosa orchestrazione scritta dal chitarrista Johnny Greenwood, e dalla sovrapposizione di più armonie vocali. I Radiohead non sono mai così vicini ai territori della musica classica. E se “Arpeggi” e “Reckoner” mettono in evidenza la grande attenzione che la band ha per ogni piccola sfumatura di suono, la traccia conclusiva, “Videotape” si presenta scarna ed essenziale. È un triste suono di pianoforte a tesserne la linea melodic, con la voce di Thom più dolce che mai. Al piano si aggiungono dei beat che sembrano quasi sporcare la melodia, ma che altro non simulano che il suono di un nastro (tape, appunto) che sta per finire e che lentamente gira a vuoto. Un nastro su cui sono registrate queste parole:
Questo è il mio modo per dirti addio
Poiché non so dirtelo guardandoti negli occhi.
Non importa cosa succederà adesso.
Non avrò paura
Perché so che oggi è stato
Il più bel giorno che abbia mai vissuto.
Ed è su queste note e su queste parole che termina quella che probabilmente è la canzone più struggente mai scritta dalla band. Le lacrime rigano il volto e ci svegliano dal sogno. Fuori c’è un cielo color vaniglia. L’autunno è arrivato.
(G. D. B.)