S’era di giugno quando le radio del Regno Unito vennero invase da Rabbit Heart, un pezzo orecchiabile, ben arrangiato, coinvolgente, fresco come una maglietta nuova. A cantarlo, una ragazza dai capelli rossi con un carisma ed una voce da far invidia a molte delle donnette che solitamente invadono l’FM per un singolo o due. Florence Welch, classe 1987, ha talento da vendere: passa con camaleontica semplicità dai vestiti dell’hippie a quelli della femme fatale, da un verso sospirato in falsetto ad un ritornello urlato al cielo – se proprio si vogliono trovare dei paragoni, siamo fra Kate Bush e Sandy Danny, fra Annie Lennox e Patti Smith… e molto di più. La Machine che c’è alle spalle della cantante, poi, produce l’esatta miscela musicale che serve a Florence per dare il meglio. L’album d’esordio “Lungs”, uscito a Luglio, è un caleidoscopio, una scoperta ad ogni canzone: dall’indie rock in “Dog days are over” al punk pop di “Kiss with a fist”, dall’atmosfera intimistica di “I’m not calling you a liar” alla straordinaria “Girl with one eye”, un blues psichedelico e schizofrenico con un chorus che sembra uscita da un disco dei Mars Volta.
Stiamo parlando di una grande prova, una delle migliori dell’anno passato, uno dei migliori debut degli ultimi anni, e nonostante ciò solo un paio di mesi fa l’Italia s’è accorta di loro – che, in ogni caso, stanno riscuotendo il meritato successo anche dalle nostre parti.
Non perdiamoli di vista: per il futuro, Florence and the Machine meritano indubbiamente un occhio di riguardo.