"Educazione siberiana". Il romanzo di Lilin approda sul grande schermo
Dopo una serie abbastanza fortunata di tentativi di portare grande schermo un‘opera letteraria, Gabriele Salvatores ci prova ancora una vota con Educazione siberiana, adattamento cinematografico dell’omonimo romanzo di Nicolai Lilin edito da Einaudi, nelle sale dal 28 febbraio.
Quella dei siberiani, è una comunità che educa i suoi appartenenti al furto e alla violenza, attività praticate non in maniera indiscriminata, ma esercitate solo nei confronti della polizia, dell’esercito, ed in generale di tutti coloro che sfruttano i più deboli.
I siberiani non rubano per arricchirsi ma per assicurare il sostentamento alla comunità e considerano i soldi come oggetti sporchi, talmente sporchi da non essere neanche conservati tra le mura domestiche.
Tutti gli appartenenti alla comunità sono profondamente legati al rispetto di regole e tradizioni, e vivono nel culto del passato, a tal punto che ciascun individuo, attraverso i tatuaggi di cui si ricopre tutto il corpo, imprime sulla pelle e nella memoria la sua storia personale.
Il crollo dell’Unione Sovietica e del muro di Berlino arrivano però a disturbare lo scorrere delle vita dei siberiani, che si trovano a dover fare i conti con eventi che portano con loro il seme del cambiamento.
Ed è proprio la tensione tra tradizione e cambiamento, che si sostanzia nelle figure dei giovani Kolima e Gagarin, ad essere rappresentata nel film.
L’eterno scontro tra il vecchio e il nuovo, tra modi differenti di vivere, ma anche tra generazioni, che se da una da una parte può essere positivo, porta conseguenze disastrose qualora sfugga al nostro controllo.