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Capitalism: A Love Story l'utimo documentario di Michael Moore

Il più celebre documentarista del cinema moderno alza il tiro. Il suo tema adesso è il capitalismo stesso nella sua forma più alta e con esso l’anima profonda di un paese, gli USA, che su questo modello economico ha fondato la propria supremazia mondiale.
Per Michael Moore però è insito in questo fondamento anche il principio di un decadimento, prima morale, poi anche economico.
Capitalism : A Love Story, settimo documentario per il cinema della sua carriera, è un film vibrante, denso, spesso toccante.
Il pregio del suo stile ci regala un’alternanza perfetta tra la necessità di una trattazione teorica del tema (s’inizia addirittura dagli antichi Romani) e la presa diretta di casi particolari di fallimenti economici strazianti.
La folla di persone sfrattate è  l’immagine simbolo di un sistema che forse che sta fallendo, ma che sicuramente è ingiusto. Anche nei ricchi Stati Uniti d’America, un paese che Moore ci mostra finalmente senza gli sfarzi retorici di Hollywood.
Allo spettatore italiano fa per lo meno sorridere il fatto che negli USA, e questo nel film si vede bene, sia assolutamente una rarità tutto quel movimento di protesta e di resistenza dei lavoratori, che da noi, dalle occupazioni in su, oramai non fanno nemmeno più notizia.
La ricerca quasi ossessiva ad una soluzione porta poi il regista a far scendere in campo anche la fede.
Film che divide, ovviamente. Quasi per principio. Resta però la qualità del suo modo di raccontare una storia, con un’ironia di fondo che ci aiutare a pensare con più partecipazione al mondo in cui viviamo.

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