Bennato all’Arenile. Il canto irriverente di un burattino senza fili
“Bagnoli la svendiamo o la teniamo per noi?”. Questo lo slogan del tour di Edoardo Bennato la cui ultima tappa, lo scorso 6 ottobre, si è tenuta significativamente all’Arenile di Bagnoli. Il rocker è tornato nel suo quartiere, dove tutto ha avuto inizio, ed è apparso sul palco dedicando il concerto ai suoi genitori e all’architetto Lamont Young. Il ricordo dell’urbanista partenopeo lo fa entrare subito, e provocatoriamente, nel vivo della questione. Tra le intenzioni di Young vi era infatti la trasformazione di Bagnoli in fiorente polo turistico, soluzione cara allo stesso Bennato sin dai tempi della sua tesi di laurea in architettura. Dopo aver ribadito l’importanza del progetto per il suo quartiere, il cantautore continua a provocare, ma nel modo migliore che conosce: con la sua musica. Ed ecco che, affiancato dalla band, dalla chitarra e dalla sua inseparabile armonica, apre le danze con tre classici del suo repertorio. Abbi dubbi, Sono solo canzonette e Il gatto e la volpe sono brani più che mai attuali, serviti dalla camaleontica voce del rocker, che ben si adatta alle provocazioni contenute nei testi. Del resto, come evidenzia parlando al pubblico, il suo scopo è sempre “provocare ed essere provocato”. E questa, conclude, è la differenza che divide il rock dalla musica leggera. Ma l’interazione col pubblico è costante. Bennato canta e un coro risponde, entusiasta. Irriverenza ed ironia, polemica e poesi: elementi all’apparenza contrastanti si fondono nella leggerezza di una voce che con la stessa intensità sa denunciare e commuovere, indignare e divertire. È il caso dell’esilarante Vendo Bagnoli, disamina sempre attuale della problematica che investe il territorio. E non solo. Sineddoche di Napoli, e dell’Italia, il quartiere si presta a un discorso che investe i lati oscuri dell’intero paese. Ma è anche il caso di Mangiafuoco, il burattinaio della favola di Pinocchio, che nel brano diventa feroce allegoria del potere, che “fa ballare i burattini”, “ma se scopre che i fili non ce l’hai, se si accorge che il ballo non lo fai, allora sono guai”. E mentre il “burattino senza fili” canta, sullo schermo alle sue spalle sfilano, ancora una volta provocatoriamente, volti noti della politica internazionale. Tuttavia, l’amara e lucida analisi lascia spazio ad una nostalgica ed ottimistica considerazione del nostro paese: sulle note di Italiani, lo schermo gigante si presta stavolta ad un’emozionante rievocazione di alcuni personaggi che hanno fatto grande l’Italia. Monicelli, Totò, Troisi, Fallaci, i fratelli De Filippo, i giudici Falcone e Borsellino, e tanti altri: una suggestiva galleria giustamente accolta da un coro di applausi. Un messaggio altrettanto positivo, aperto alla speranza e all’ideale, emerge da L’isola che non c’è, uno dei suoi capolavori mentre, in chiusura, regala al pubblico uno dei brani più divertenti, ma non certo meno significativi: Il rock di Capitan Uncino. In una metamorfosi improvvisa, il cantautore e la sua band si trasformano nella leggendaria ciurma dei pirati. Ma, al di là dell’evidente ironia del testo e dell’interpretazione, Edoardo Bennato somiglia molto più al loro mortale nemico. Eterno Peter Pan, non è solo un artista appassionato, ma soprattutto un uomo innamorato del suo quartiere, della sua città, del suo paese, di un’isola che non c’è, che “non è un’invenzione e neanche un gioco di parole”, ma la costanza di chi persegue un ideale, di chi non si dà per vinto e non smette mai di cercare.
D. D. F.