L'Unità d'Italia tra cinema e letteratura

A pochi giorni dalla festività nazionale prevista giovedì 17 marzo 2011, per il centocinquantesimo anniversario dell’Unità d’Italia, il Dipartimento di Discipline Storiche “Ettore Lepore” dell’Università Federico II e il Centro interdipartimentale per la storia comparata delle società rurali in età moderna e contemporanea hanno promosso un’articolata rassegna di cinema e storia, “Visioni e revisioni del Risorgimento nel cinema italiano (1905-2010)”, che si svolge in collaborazione con l’Accademia di Belle Arti di Napoli, la Società Napoletana di Storia Patria e l’Istituto campano per la storia della Resistenza “Vera Lombardi”.

L’iniziativa ha il patrocinio della Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Ateneo federiciano.

Il percorso letterario-cinematografico, offrendo una riflessione sul centocinquantenario ricca di conoscenze ed emozioni, arriva ai giorni della festa nazionale del 17 marzo con “I Viceré” di Federico De Roberto, liberamente ripreso da Roberto Faenza nella pellicola del 2007.
Il film sarà proiettato martedì 15 marzo 2011, alle ore 15.00, nella Biblioteca della Società Napoletana di Storia Patria presso il Maschio Angioino a Napoli.

L’uscita del film di Roberto Faenza “I Viceré” nel 2007 ha rilanciato la lettura dell’omonimo romanzo di Federico De Roberto. Pubblicata nel 1894, l’opera è rimasta, per più di mezzo secolo, completamente ignorata dal pubblico e dalla critica e, dunque, lasciata, indebitamente, fuori dal canone dei classici della modernità.

Nel suo capolavoro lo scrittore siciliano (ma napoletano di nascita) narra le complesse vicende della nobile famiglia catanese degli Uzeda, dei loro feroci contrasti di interessi, dal 1855 al 1882, nel passaggio dal regime borbonico alla nuova realtà dell’Italia unita e all’avvento al potere della sinistra di Depretis. L’atavica, smaniosa brama di dominio e di ricchezza, il cinico trasformismo che governano intimamente la pletora di personaggi in scena nel romanzo si configurano con i tratti di una mostruosa, lombrosiana degenerazione. L’esito è la deformante implosione non solo dell’impianto naturalista ma anche del genere al quale, sia pure in congruamente, l’opera “derobertiana” è ascrivibile, quello del romanzo storico, rovesciato nello svuotamento critico della nozione stessa di storia.

A suggellare tale svuotamento è la gattopardesca, ambiguamente autoconsolatoria, dichiarazione con cui il protagonista Consalvo, l’autentico viceré del tempo nuovo, legittima l’opportunismo politico, che gli permetterà di diventare prima deputato e poi ministro nel parlamento romano.

C’erano stati sinora altri tentativi di portare sullo schermo la poderosa macchina narrativa di De Roberto, tutti non realizzati. Eppure il romanzo ha un impianto filmico già dentro le sue modalità compositive. L’avvicendarsi incessante di quadri e di eventi che scorrono in mancanza di un centro focale, lo slittamento concitato della visuale dall’uno all’altro di quei fuochi fanno pensare ad una cinepresa ruotante.