Una notte più nera di tutte le notti: "immagini" dell’eruzione del 79 d.c. in mostra a Boscoreale

“Fu tenebra di nuovo; fu cenere di nuovo, fitta e pesante. Noi ci alzavamo ripetutamente e ci scrollavamo di dosso la cenere. Altrimenti, ne saremmo stati coperti ed il suo peso ci avrebbe anche soffocato.“
Con queste parole Plinio Il Giovane descriveva nel 79 d.c. la celebre eruzione del Vesuvio, che distrusse l’intera area di Pompei, Ercolano e Stabia.
Una densa coltre di cenere e lapilli ricoprì non solo abitazioni, ma anche persone.
Riportate alla luce dopo ben 18 secoli, sono attualmente oggetto di una mostra dal titolo “I Calchi”, presso l’Antiquarium di Boscoreale (località Villaregina, via Settetermini, 15).
Aperta fino al 20 dicembre,  è visitabile con lo stesso biglietto di accesso al museo negli orari di apertura dell’Antiquarium: dalle 8.30 alle 19.30 (ultimo ingresso alle 18).
«Un dettaglio umano e archeologico unico, che solamente Pompei offre al mondo.» spiega Grete Stefani, direttrice dell´Antiquarium, «Quei calchi sono davvero persone, sepolte da ceneri e lapilli, e ricoperte da uno strato di gesso, secondo un metodo sperimentato la prima volta da Giuseppe Fiorelli nel 1860».
I più toccanti sono forse quelli di una famiglia, ritrovata nella villa detta "del bracciale d´oro":

una donna benestante, con un bambino di pochi anni a faccia in giù che cerca di proteggersi dai lapilli roventi, e due corpi maschili.
«Non è arte, né imitazione, ma sono le loro ossa: è il dolore della morte che riacquista corpo e figura» sottolinea Marcello Fiori, commissario delegato all´area archeologica, citando la lettera ai pompeiani di Luigi Settembrini.
È probabilmente questo il motivo per cui Pompei, che da sempre affascina studiosi e turisti, è stata definita “la più vivente delle città morte”.

 
(V. C. )