The Verve – Forth

Se c’è un fenomeno musicale che ha colto in pieno lo “spirito del tempo”, quale la seconda metà degli anni ’90, quello è il Brit-Pop, che con la sua spensieratezza e il suo volgersi al passato, esemplificava magistralmente l’atmosfera di speranza dell’ Inghilterra che si lasciava alle spalle il lungo periodo del “thatcherismo”.

Il riferimento culturale del Brit-Pop era infatti il periodo d’oro della  Swinging London, il cui simbolo per eccellenza erano i Beatles e gli altri gruppi che esportavano nel mondo il “british style”.

A distanza di undici anni, torna adesso una delle band simbolo di quel movimento, i Verve, che nel 1997 col loro Urban Hyms divennero per una stagione gli alfieri del rock’n’roll made in England. La band si sciolse poi durante l’anno, dando vita a progetti solisti, il più fortunato dei quali è stato sicuramente quello del leader, il carismatico Richar Ashcroft.

Con un passato così glorioso alle spalle, il rischio di suscitare nel pubblico una grande delusione era grande. Delusione in parte confermata, poiché “Forth”, il nuovo album, si rivela un ibrido tra i primi psichedelici lavori della band, e i lavori solisti più pop di Ashcroft.

Le intenzioni erano quelle di accontentare entrambe le fette di pubblico, ma di fatto il risultato è quello di aver lasciato un lavoro incompiuto su entrambi i fronti.
Perché le canzoni più pop come il primo singolo, “Love is Noise” e “Rather Be” sanno di un inevitabile già sentito, e le canzoni più psichedeliche come la conclusiva “Appalachian Springs” appaiono soltanto uno sterile esercizio manieristico.

Resta la nota positiva di una band che si è ritrovata, e che se magari al primo tentativo di rimettere le carte in gioco ha fallito, al prossimo potrebbe anche fare centro, come dimostrano gli episodi positivi del disco, come “Sit and Wonder” e soprattutto “Columbo”, che sembra aprire per la band nuovi scenari musicali fino ad ora inesplorati.

(G. d. B.)