The Softone al Duel-Beat

Mentre tutti i riflettori mediatici sono puntati sull’ennesima rappresentazione del circo sanremese, la scena indipendente italiana vive una stagione molto proficua continuando a sfornare band di alto livello, capaci di reggere il confronto con quelle provenienti dalla terra di Albione e dall’altra parte dell’Atlantico.


La scena napoletana, grazie a band come A Toys Orchestra, Songs for Ulan e Blessed Child Opera, è diventata negli ultimi anni una delle realtà più interessanti del settore, dando il via a quella che si potrebbe chiamare a tutti gli effetti “Napoli Renaissance”.

Infatti nonostante la carenza di spazi all’altezza della situazione, sono sempre di più in città le band che si cimentano in generi tipicamente anglosassoni e lontani dalla tradizione italiana. Si va dall’indie-Rock degli Starframes al Brit-Pop dei Pipers, passando per il post-Rock degli El-Ghor e il folk-Rock dei Softone. Quest’ultimi sono stati i protagonisti della serata d’inaugurazione della rassegna iSabato, nata dalla collaborazione tra Freak Out Magazine e il Duel-Beat. L’occasione era la presentazione del primo album della band, These days are blue, pubblicato dalla Awful Bliss Records, giovane etichetta indipendente napoletana che conta tra le sue fila alcune delle band più interessanti della scena underground di San Francisco.

Ed è proprio dai tipici suoni della west-coast che i Softone lasciano trasparire alcune delle loro influenze più immediate. Le radici della loro musica affondano nel vasto repertorio folk-rock statunitense, non disdegnando la rivisitazione del genere offerta da band come Calexico e Wilco. La serata del Duel si apre sulle note di From the Backyard, uno dei pezzi più ritmati dell’album, perfetto per aprire la serata e presentarsi al numeroso pubblico in sala. Rotto il ghiaccio seguono due ballads dalle atmosfere più intime e dal sound più vicino alla tradizione inglese, Having a Coffee e All my days. La prima è una canzone dominata dalla presenza del piano e da una melodia che richiama alla mente i Coldplay di Parachutes. All my days è invece un’intima e delicata ballad acustica accompagnata dal suono di una slide-guitar che ricama trame sognanti e malinconiche.

La canzone presenta oltre alla voce di Giovanni Vicinanza, quella femminile della sorella Emma e quella del fratello Enrico, controtenore. Il pubblico in sala risponde con calore a quella che in Inghilterra sarebbe quasi sicuramente una hit. Anche nei successivi brani le voci di Giovanni e quella di Emma sono le protagoniste, sempre accompagnate da una band precisa ed emotivamente partecipe. Si arriva così a Dear Mercy, il brano dove emerge tutta la passione della band per Nick Drake e la sua musica da camera. Get You Soon e I’m Not Alone riescono a riprodurre anche nella loro veste live, l’accuratezza degli arrangiamenti presenti su disco. E se Close your Eyes riprende il discorso iniziato con All my Days, Hello and say Goodbye rappresenta la summa del sound dei Softone, coniugando una classica melodia dai sapori beatlesiani alla slide-guitar di Younghiana memoria, dando così il giusto congedo al pubblico partenopeo.

Non possiamo che sperare che i bagliori sanremesi si affievoliscano presto, facendo rivolgere definitivamente l’attenzione dei media alla scena indipendente italiana, una scena non solo sempre più competitiva a livello internazionale, ma soprattutto una realtà con musicisti pieni di talento e passione. Elementi sempre più rari da trovare insieme nell’agonizzante calderone mainstream tricolore.

 
(G. d. B.)