Non ora, non qui

Fu un esordio folgorante, quasi vent’anni fa, quello di Erri De Luca con “Non ora, non qui” pubblicato nel 1989 da Feltrinelli.
Acclamato da critica e pubblico, il capolavoro dello scrittore napoletano è un flusso di pensieri, ricordi, riflessioni di un “io” protagonista che senza dubbio rimanda all’autore.
Non si sa quanta vita vissuta possa realmente esserci nelle profonde pagine di De Luca, ma l’immediatezza poetica con cui comunica stati d’animo, spesso di sofferenza e inadeguatezza, generano senso di partecipazione ed empatia nel lettore.
Sin dalle prime righe si evince il desiderio dell’io narrante di recuperare un rapporto con la madre, fatto di incomprensioni, frasi non dette, reso difficile da un’evidente balbuzie che renderà problematico il contatto con il mondo esterno.
Sullo sfondo una Napoli dai contorni sfocati, ma vista dagli occhi di chi la conosce bene: i vicoli illuminati da un sole pigro, la Villa Comunale in cui la mamma porta a giocare i figli, “la collina sopra Mergellina”, dove la famiglia del protagonista si trasferisce, segno di una stabilità economica raggiunta dopo gli stenti della guerra.
Toccanti le riflessioni sullo scorrere del tempo: quello interiore e quello storico; un tempo paragonato alle nuvole e ai fondi del caffé, un tempo che cambia le pose e mescola le forme.
Lo stile, asciutto, ma non per questo meno evocativo, si commenta con le parole dello stesso autore: “Parlare è percorrere un filo. Scrivere è possederlo”.

(F. A.)