Napoli sfregiata secondo Luigi Labruna

Qual è lo stato di salute di Napoli? Ne discuteranno questa sera alle ore 18, presso la sede dell’Ordine dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili sito Piazza dei Martiri, la discussione attorjo al volume del professore Emerito di diritto romano e diritti dell’antichita dell’Università Federico II di Napoli  Luigi Labruna dal titolo. “Lo Sfregio – Napoli, Italia 2011-2014”, edito da ‘Editoria Scientifica’.

Insieme all’autore ne discuteranno: Antonio Buonajuto, presidente di Corte di Appello, Alessandro Barbano,direttore de Il Mattino, Giustino Fabrizio, capo redattore di Repubblica, Napoli, Antonio Polito, direttore de Il Corriere del Mezzogiorno, Maurizio Scoppa, generale dei Carabinieri, Giovanni Verde, professore Emerito.

Conclude la tavola rotonda, l’avvocato Massimo Di Lauro.

Maggiori informazioni sono presenti nella locandina in allegato. Nel libro, Labruna raccoglie i suoi interventi pubblicati in questi ultimi anni, su «Il Corriere del Mezzogiorno». Due i toni principali che li caratterizzano: il tono dolente, preoccupato e quello graffiante, ironico, e quest’ultimo produce piccoli capolavori come l’elzeviro dedicato alle «piste ciclabili» a Napoli (Pagliacciate municipali), dovute alla «fantasia» di una Amministrazione comunale fuori di testa. Il primo tono emerge anzitutto sul tema della giustizia, e non certo per caso. Lì il discorso ha momenti di grande tensione, di chi sa perfettamente che cosa possa produrre l’involuzione della giustizia, la sconfitta della sua efficacia e della sua terzietà.

Eguale matrice, spesso di dolente ironia, su Napoli, il suo destino, la sua decadenza. Tema di intervento costante negli scritti di Labruna. Amore per la città, esasperazione per il suo destino.

Ma tanto altro c’è negli scritti di Labruna. L’assillo critico di un uomo di sinistra contro le degenerazioni del Pd; il ricordo di persone scomparse: ancora di Francesco De Martino, e poi Mario Fondi, Ninni Mozzillo, i Graziani. E poi lo scambio di lettere fra due grandi, Vincenzo Arangio-Ruiz e Benedetto Croce.

Come concludere? Scelgo il «pezzo» intitolato Il privilegio di essere professore. Qui c’è l’elogio di quel «privilegio», che anche io sento assai vivo, inteso «non nel senso di una posizione di vantaggio acquisita per ottenere condizioni di favore su cui costruire, fra l’altro, carriere professionali e politiche, ascese sociali e affari», ma nel significato forte di ‘dignità’, di servitori dell’istituzione universitaria, di rispetto di essenza, tradizioni, simboli. Il «privilegio» di noi vecchi professori forse sta proprio qui: nella coscienza che una rinascita dell’Italia potrà prender l’avvio solo dalla cultura, dall’università, dalla scuola. E che «vecchi» professori siano ancora sulla breccia per la loro ricerca e le loro battaglie civili è pur segno di qualcosa che nonostante tutto permane e che – lo ricordino i più giovani – è un buon viatico per il loro avvenire. (Dalla Prefazione di Biagio de Giovanni)