“Lì, dove falliscono i critici”

Prendi un oggetto misterioso e dall’origine sconosciuta; prendi un’impronta digitale trovata su quell’oggetto fino ad arrivare alla risoluzione dell’enigma dal valore di centosette milioni di euro (centosessanta milioni di dollari per gli americanofili).
A sentirla così non sembra altro che la classica trama alla CSI o RIS, di quelle fiction televisive poliziesco-scientifiche che risucchiano i telespettatori in prima serata.
Ma qui non siamo di fronte a Grissom o al Capitano Venturi, qui all’appello risponde Leonardo da Vinci: è lui il ricercato di questo improbabile giallo artistico, che vede il gallerista Kate Ganz proprietario di un disegno di Leonardo, “La Bella principessa”, fino a poco fa attribuito a un anonimo autore ottocentesco e pagato dal gallerista quindicimila euro.
Succede spesso che una vecchia crosta da collezionista di serie B o da negozio di antiquariato del tipo “liquida tutto” si riveli essere un’opera di qualche artista che di serie B non ha nulla. Ma se gli altri casi si risolvono con l’intuizione di qualche geniale esperto, qui a rivelare l’identità non è una attenta analisi critica ma una impronta digitale.
Ganz, insospettito dal fatto che quel disegno di ottocentesco avesse molto poco, lo ha fatto analizzare, trovando una impronta digitale del genio italiano per eccellenza, confrontata con una trovata sul “San Girolamo” grazie all’innovativa tecnica di analisi multispettrale.
Consiglio del giorno: se avete un vecchio quadro munitevi di pennello e inchiostro e iniziate a “spennellare”.

(S. D. V. )