Il Teatro degli Orrori, “A Sangue Freddo”

Mettiamola così: da un po’ d’anni a questa parte l’alternative italiano sta vivendo un periodo di splendore che forse mai aveva vissuto. E questo splendore non nasce solo dalla qualità e quantità dei dischi che escono, né dalla grande ispirazione di gruppi vecchi e giovani, ma dalla grande coesione che esiste nell’ambiente underground e dall’attenzione delle grandi stelle alternative nei confronti di quello stesso underground. Manuel Agnelli docet, insomma: dopo il progetto Tora! Tora! (il carrozzone itinerante del rock indipendente che per alcune estati ha fatto il giro d’Italia), ad inizio 2009, dopo la tanto criticata/osannata partecipazione a Sanremo degli Afterhours, esce Il Paese È Reale (19 artisti per un paese migliore?), una compilation che riunisce 18 artisti del panorama indipendente (più gli Afterhours) ed una loro canzone con l’Italia d’oggi come argomento. Il successo è ottimo, e a parte i già ben noti Marta sui Tubi ed il redivivo Roberto Angelini (ricordate il Gattomatto?), il disco ha fatto scoprire gruppi poco noti al pubblico non di nicchia, come Zu, Zen Circus e Il Teatro degli Orrori. E proprio Il Teatro degli Orrori ha da poco pubblicato il secondo disco, intitolato A Sangue Freddo, meno ruvido ma non meno ispirato del precedente Dall’impero delle tenebre. L’album (musicato fra Joy Division e Tool e cantato/recitato da un Pierpaolo Capovilla in stato di grazia) è terribilmente cinico, figlio di una generazione di disadattati rassegnati, senza speranza di un cambiamento sociale (“tutto quanto è destinato a scomparire/e questa è una società caduca/checchè ne dicano Marx e Weber”), senza Dio e senza amore (“tu non mi ami più/e Dio nemmeno”). È un disco bello, che fa riflettere: duro, ma da ascoltare – perché è difficile cambiare senza guardarsi allo specchio.
 

(A. C. )