Il post moderno e la fine dell’avanguardia

Il termine post-moderno esprime la volontà di una rottura radicale con l’epoca “moderna”, che convenzionalmente termina negli anni Sessanta.
La condizione post-moderna evidenzia in una situazione storica inedita: nell’era del dopo Ford, dell’informazione, della multiculturalità, della tecnologia informatica, tutti gli individui dispongono di una quantità infinita di messaggi e prodotti culturali dislocati nello spazio e nel tempo.

Negli anni Settanta c’è una crisi della categoria estetica di avanguardia. L’arte si propone come “opera aperta”, e la parola chiave di ogni artista è interazione: il rapporto con il pubblico è lo scopo e la ragion d’essere della creazione dell’artista.
Nei primi anni Ottanta il panorama artistico internazionale è composto da una serie di movimenti: transavanguardia, nuovi selvaggi, graffitismo, nuova pittura, pittura-ambiente, mail art e altri ancora.

Prende il sopravvento il gesto. Il messaggio dell’artista si fa sempre più oscuro, da interpretare, criptico, ma emergono nuove strategie della produzione artistica. C’è la “Business Art”, che si appropria delle strategie economiche della società capitalistica e ne interiorizza la logica unidirezionale e individualistica. L’arte diventa sempre più uno strumento per creare profitto.
C’è stata però anche un’accettazione passiva del sistema capitalistico da parte dell’arte: un movimento come il graffitismo, che nasce dal bisogno di identità dei neri delle periferie americane, finisce per essere inglobato dal sistema, ed entra nel mercato, facendo il giro delle gallerie più famose del mondo. Ed ancora oggi, per la maggior parte, l’arte è un problema di immagine e di mercato.

(L. S.)