“Il padrone della festa”. Lo strano caso di Fabi, Silvestri e Gazzè.

Niccolò Fabi, Daniele Silvestri e Max Gazzè hanno sempre mischiato la loro lunga amicizia alle rispettive carriere artistiche, incrociandosi spesso in collaborazioni e apparizioni live di grande intensità.

Da poco più di sei mesi i loro percorsi si sono fusi in uno, diventando il trio Fabi Silvestri Gazzè, il “caso” di questa fine 2014 per il mondo discografico.

Col successo radiofonico di “Life is Sweet” non ancora sopito, i tre hanno appena sfornato “L’amore non esiste”, una densa canzone sui sentimenti apprezzata e ritwittata anche da illustri colleghi come Malika Ayane e Fiorella Mannoia, preludio adeguato al disco vero e proprio, “Il padrone della festa”, arrivato il 16 settembre.

Tutti si domandavano se i tre sarebbero riusciti ad incastrare le loro personalità musicali cosi diverse in un unico album. Ebbene, ce l’hanno fatta.

“Il padrone della festa” è un disco che si guarda da lontano come i quadri puntinisti. I colori dei singoli tre, sebbene cosi decisi, riescono a comporre una sfumatura unica,  inquadrare un unico soggetto.

Ci sono dei brani in cui si sente esattamente lo stile di ognuno di loro (la travolgente “Spigolo Tondo” è Silvestri, la lisergica “Arenico” porta la firma di uno dei migliori Gazzè del periodo e “Canzone di Anna” nasce dallo sguardo sensibile di Fabi), ma l’equilibrio finale riesce.

Ascolto dopo ascolto si svelano brani preziosi come “Il Dio delle piccole cose” o “Alzo le mani”, e altri tipo “Come mi pare”, che sono esempi di pop di qualità.

La titletrack “Il padrone della festa” chiude il cerchio, lasciando una riflessione arrabbiata (ma garbata) sull’oggi e sul futuro.

“Il padrone della festa”  non esaudisce pretese sbrigative, ma deve decantare. Play dopo play.

Il tema sotteso dell’album, ma in generale dell’esperimento musicale di Fabi Silvestri Gazzè in fondo, è la riappropriazione del proprio tempo.

Cosi come degli amici si concedono di dedicarsi ad un progetto nel cassetto, cosi invitano il  pubblico a prendere per sè quaranta minuti per ascoltare, recuperando l’abitudine all’attenzione e all’empatia, la chiave che apre le porte del “Padrone della festa”.

Sim. Ros.