Grande, Grosso e… Verdone

Manifesto ammiccante, ti aspetti che si rida, sorrida, per passare una serata diversa. Mentre vedi “Grande, Grosso e… Verdone” rimpiangi “Bianco, Rosso e Verdone” di tanti anni prima.

Quei personaggi erano insoddisfatti, sfortunati, stereotipi di un modello italiano di (in) successo, ma non patetici e privi di originalità e spessore come quelli dell’ultimo film firmato da Verdone.

Non si ride né si sorride. I tre episodi si aprono e si chiudono senza intrecciarsi. I primi due sono tristi e brevi, il terzo è più lungo, a metà fra Viaggi di nozze – sempre di Verdone – e i cine-panettoni degli ultimi anni.

Una famiglia romana va a Taormina per ritrovarsi. Madre, padre e figlio adolescente. Sono personaggi che abbiamo già visto, l’unica differenza è che lì “lo facevano strano”. Stereotipi abusati anche dagli stessi attori, Carlo Verdone e Claudia Gerini.

La rivisitazione sta nell’aggiunta di elementi per forza di cose assenti nei film precedenti: le videocamere pronte a registrare ogni evento, telefonini e bizzarre suonerie annesse, reality e tutto l’inventario della televisione trash.

Grande spazio in questo film anche per il denaro e la prostituzione, meglio se intrecciati fra loro. Se avete resistito alla tentazione di vederlo fino ad adesso, non mollate, glissate a favore di altre pellicole.

(M. S.)