Elisa al Palamaggiò

A Castel Morrone, località del casertano famosa per le mura megalitiche dell’ottavo secolo a.C. e per le più moderne strutture del Palamaggiò, mitico palazzetto dello sport che si ricorda per i successi cestistici della Juve Caserta di un po’ di tempo fa, vi è un unico semaforo rosso. Questo è l’unico, interminabile impedimento che ci separa dall’evento che avrà sede di qui a qualche minuto nel mitico tempio del basket casertano: il concerto di Elisa.

Entriamo dopo un’ora di traffico semaforico mentre risuonano le note di Stay, ultimo singolo, dedicato al padre, della cantautrice friulana. Gli spalti sono gremiti in ogni ordine di posto, addirittura si fa fatica a camminare sul parquet per cercare una posizione utile per godersi al meglio il concerto.

La prima parte dello spettacolo è dedicata ai grandi pezzi rock della prima Elisa, che mandano in visibilio le migliaia di persone accorse nella location casertana. Lei è timida all’inverosimile: durante i brani fa poche pause per salutare il pubblico e quasi sembra una ragazzina nell’imbarazzo che mostra nei brevi saluti e piccoli inneggiamenti (del classico tipo "come va?" o "siete caldi?")  che riserva alla platea in totale stato di adorazione. Tuttavia, l’imbarazzo delle parole si trasforma quasi per miracolo in un’incredibile grinta nel cantare pezzi come Together o Heaven out of Hell prima di passare ad una fase che stupisce tutti i presenti: un coro gospel entra in scena per accompagnare la cantante nell’esecuzione di canzoni fuori del suo classico repertorio ma che ne esaltano indiscutibilmente le doti canore e musicali (lei stessa suona in prima persona pianoforte e chitarra in diversi frangenti). Superlativa è, inoltre, l’abilità della band che la accompagna (chitarra, basso, batteria, pianola, pianoforte e due coristi) nonché della parte fonica e video che condisce il concerto di immagini capaci di  rendere visive le emozioni che Elisa evoca con il prepotente, ma anche dolce, uso della voce. Mentre le immagini scorrono sul megaschermo che fa da cornice al palco, coriandoli cadono sugli spettatori durante brani come Dancing, Eppure sentire, il sottofondo musicale di “Manuale d’amore, capitoli successivi” e la cover della mitica Mia Martini, Almeno tu nell’universo, main theme del film successo di Gabriele Muccino, “Ricordati Di me”.

Così, in un cantare quasi ininterrotto e durato oltre 2 ore, il concerto volge al termine con l’alternarsi di canzoni dal piglio romantico (come Dancing, colonna sonora del film A time for dancing) e brani dalle tonalità decisamente più accese come Cure me e la finale Labyrinth a chiudere una traversata di 10 anni lungo una carriera ricca di successi e che, sicuramente, avrà ancora tanto da dire.

 

V.F