Gli ultimi mesi dell’ultimo anno del decennio sono da sempre un ininterrotto valzer di classifiche d’ogni genere riguardanti la decade appena trascorsa: liste con i migliori film, i migliori libri, ed ovviamente i migliori dischi.
I primi a pubblicare una classifica dei migliori dischi sono i redattori di Pitchfork, l’e-zine a stelle e strisce che da qualche anno fa il bello e cattivo tempo nel mondo dell’alternative. Zigzagando tra le duecento posizioni troviamo i dischi più incisivi degli ultimi dieci anni, e nella top ten il meglio: all’ottavo posto Ágætis byrjun dei Sigur Ròs, al secondo Funeral degli Arcade Fire, mentre al primo posto il meglio del meglio del meglio, Kid A dei Radiohead.
È l’album che ha battezzato il decennio e segna un’ulteriore evoluzione del gruppo di Oxford, che lanciandosi oltre le colonne d’Ercole del rock alternativo pone nuovi, insuperabili confini: a farla da padrone non sono più le chitarre di Jonny Greenwood ed Ed O’ Brien, ma tastiere, ottoni, archi ed i primi strumenti elettronici.
Da “Everything is in it’s right place” a “Motion Picture Soundtrack” passando per le magnifiche “How to disappear completely” ed “Idioteque”, i Radiohead riuscirono in un’impresa che sembrava impossibile: incidere un disco che fosse all’altezza della perfezione del suo predecessore, quell’ “Ok Computer” che, guarda caso, per Pitchfork è il miglior album degli anni Novanta.
Insomma, nonostante siano ormai da quasi vent’anni sulla cresta dell’onda, è sicuro che se fra dieci anni saranno ancora in testa alla classifica dei migliori album della decade la cosa non desterebbe stupore in nessuno.
(A. C. )