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Le infinite sorprese della vita secondo Gaarder

Su un tram di Oslo, Jan resta colpito da una ragazza, indicibilmente affascinante ed altrettanto imperscrutabile, che trasporta un sacchetto di arance. Molti anni dopo, ne racconta la storia a suo figlio Georg in una lunga lettera che gli lascia prima di morire.

Dopo aver letto la storia, Georg sente di essere diventato più grande. Quella storia la sta ormai scrivendo insieme a suo padre, e la barriera della morte che li separa non è più forte del legame che continua ad unirli.

Quella de “La Ragazza delle arance” (Longanesi) è una storia che sfiora, con tutta la delicatezza che siamo abituati ad aspettarci da un grande pensatore e scrittore come Gaarder, i grandi temi dell’esistenza, come il dolore e la morte, ma soprattutto la bellezza della vita, che non finisce mai di aprirsi verso nuove speranze.

E poi l’amore, quello che resta anche se mutilato e quello che invece comincia dal buio, e le difficoltà del presente, che possono diventare un’occasione grazie alla luce dei ricordi.

Se l’esistenza è già tutta scritta e non possiamo cambiarla, allora – questo sembra essere il senso ultimo del romanzo – perché non accettare le sue regole, vivendola fino in fondo, e rendendola meravigliosa?

“La vita è una lotteria gigante dove si vendono solo i biglietti vincenti”. E allora non ci resta che apprezzare ogni giorno il biglietto vincente che ci è stato dato, non perdendo mai la speranza, quel “sognare qualcosa di improbabile” che continua a dare senso al dono più straordinario di tutti: la vita.

Chi. Mel.

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