“L’altro volto della speranza” di Aki Kaurismäki
Khaled, giovane siriano in fuga dagli orrori della guerra, si ritrova solo ad Helsinki. Wilkström, venditore di camicie, dopo una fortunata mano a poker decide di dare una sterzata alla propria vita prendendo in gestione un ristorante.
“The other side of hope” è una favola un po’ strampalata che racconta l’incontro di due uomini, entrambi in cerca di un’identità, che varcano frontiere e pregiudizi.
Premiato all’ultima Berlinale con l’Orso d’argento per la miglior regia, è ancora nelle sale il film di Aki Kaurismäki. Il regista finlandese torna a raccontare di emarginati, senza sentimentalismi.
“L’altro volto della speranza” è un film laconico, essenziale nelle immagini e nelle parole: dialoghi brevi, pregnanti e di un’ironia calibrata. Scene lente e sapientemente costruite. Ambientazione tra il vintage e il decadente. Una Helsinki ferma agli anni Cinquanta, quasi fuori dal tempo.
Co-protagonista la musica: ora solisti ora band country contribuiscono a creare un’atmosfera dai toni lievi e bizzarri. Un tema -quello dei rifugiati- tanto forte quanto terribilmente attuale, magistralmente trattato dal cineasta finlandese.
E il risultato è un film di speranza e solidarietà, surreale e realistico, tenero e durissimo, animato da strambi personaggi accomunati da un umano bisogno di serenità, amore, identità.
Cri. Sco. d. Abu.