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I vestiti nuovi del vecchio Holden

Nel 1961 veniva pubblicato in Italia uno dei libri più amati del Novecento, Il giovane Holden.

A curare quella traduzione fu Adriana Motti, per Einaudi. Che per oltre cinquant’anni ci ha raccontato di quel fragile e sarcastico ragazzo di sedici anni, Holden Caulfield, e del suo rapporto con il mondo e soprattutto con se stesso.

Una traduzione è, ancora più del libro che traduce, figlia del suo tempo: se si pensa poi che Il giovane Holden è un libro al quale tradizionalmente ci si avvicina negli anni dell’adolescenza, una revisione del testo, che riesca a parlare meglio alle nuove generazioni, è una eventualità che non si può trascurare.

Ed è quello che hanno pensato alla Einaudi per il capolavoro di Salinger. Due anni ci sono voluti a Matteo Colombo per confezionare un vestito nuovo al vecchio Holden: un lavoro che ha avuto come linee guida, da un lato la pretesa di voler restituire un testo maggiormente fedele all’originale (di routine, in questi casi) ; dall’altro la volontà da parte dell’editore, di voler trovare una nuova formula che possa ringiovanire il testo, in modo da garantirne una maggiore longevità.

Di sicuro non è stato facile per Colombo confrontarsi con la traduzione della Motti, una traduzione convincente e creativa (si pensi ai vari “vattelapesca”, “e via dicendo”, “eccetera eccetera” che traducono l’originale “and all” ), di sicuro molto personale.

Ma ciò che conta, al di là delle singole scelte di traduzione, è il clima che si viene a creare, l’andamento complessivo del testo e soprattutto se il nuovo linguaggio di Holden ci consegni un nuovo Holden.

Una considerazione c’è da fare sulla traduzione del 1961, che forse giustifica la necessità di una nuova traduzione: col tempo la traduzione della Motti aveva accumulato un leggero strato di polvere, una patina di retrò di sicuro fascino (probabilmente) per certi lettori moderni, ma che non doveva essere nelle intenzioni né dell’autore, né della traduttrice. In questo senso, la nuova traduzione contribuisce a creare un clima molto più familiare e dinamico, ed in questo senso si ha quasi l’impressione di leggere un altro libro, dove il sarcasmo di Holden riconquista quella che doveva essere la sua carica originaria.

E allora, è un altro Holden? Probabilmente no, come è giusto che sia. Restano i suoi ragionamenti, specchio di quella maturità insicura e di quella ricerca di sè che sono, inevitabilmente, tratti ineludibili del personaggio, messaggio e tramite della comunicazione. Se l’intento di questa nuova traduzione era quello di tramandare un vecchio (ma sempreverde) contenuto, con nuove forme, allora possiamo dire che l’esperimento è riuscito.

Fra. Ambr.

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