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«Delitto tu dici, non credo». L’Antigone secondo Valeria Parrella

Nel 442 a. C. il poeta Sofocle porta in scena davanti al pubblico di Atene il mito di Antigone, figlia di Edipo e Giocasta. In quanto sorella di Eteocle e Polinice – i due fratelli venuti allo scontro mortale per il dominio sulla città di Tebe –  decide di violare le leggi della città incarnate dal nuovo re Creonte e dà sepoltura a Polinice.

In linea con le finalità che il genere tragico nella Grecia classica si prefiggeva, la tragedia di Sofocle mirava a insinuare il dubbio negli spettatori, insanabilmente divisi dal dissidio e dall’interrogativo che incombono sul racconto della vicenda: bisogna agire come prescrive l’amore fraterno e la religiosità tradizionale o come ordina il diritto positivo?

Nel 2012 Valeria Parrella riscrive in maniera poetica e problematica il dramma sofocleo. Già autrice di raccolte di racconti e romanzi di successo (Mosca più balena, Lo spazio Bianco, Lettera di dimissioni etc.), la Parrella torna a confrontarsi con la mitologia greca, alla quale ricorre come fonte inesauribile di racconti (muthoi per l’appunto) destinati a parlare oltre e attraverso le epoche e i mutamenti socio-antropologici. È così che il 25 settembre è andata in scena in occasione del Napoli Teatro Festival con la regia di Luca De Fusco un’Antigone che si batte contro le leggi di una Tebe contemporanea con l’intento di mettere fine all’esistenza vegetativa del fratello Polinice, vittima da ormai tredici anni di una ferita di guerra.

L’autrice ha a più riprese rimarcato l’assoluta necessità di ripensare ad Antigone e operare un lavoro che non si limitasse a una semplice riscrittura moderna della vicenda: ella, difatti, penetra nelle profondità del racconto per problematizzarlo e calarlo nella nostra epoca storica, con un’ammirevole ma non sterile fedeltà verso l’originale.
La Parrella riscopre così il ruolo del mito più vitale e genuino: essere continuamente rifunzionalizzato attraverso i tempi, le culture e le società che tramite quei miti scelgono di autorappresentarsi, un’operazione che già gli antichi ritennero imprescindibile nell’approcciarsi a questa materia così vasta e variamente interpretabile.
Laureata in Lettere Classiche, Valeria Parrella riesce a dominare sapientemente il non facile testo sofocleo, rispettandone le divisioni in episodi e parti corali, e mantenendo inalterato nella sua riscrittura quel seme di dubbio esistenziale che rappresentò la cifra peculiare del teatro di Sofocle.
D’altra parte il mito di Antigone si è da sempre prestato a un’incessante ripresa e attualizzazione, in virtù della dicotomia di base su cui si fonda la tragedia che ha consentito riletture molteplici alla cultura occidentale, una cultura alla quale i miti classici, parafrasando Calvino, non hanno mai smesso di dire quel che avevano da dire.

C. M.

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