“Una doppia verità”, un legal drama di grande tensione

A otto anni dall’acclamato “Frozen River” (suo film d’esordio e nominato a due premi Oscar, tra cui Miglior sceneggiatura originale), Courtney Hunt torna dietro la macchina da presa con “The Whole Truth”, distribuito in Italia come “Una doppia verità”.

L’avvocato Richard Ramsey (Keanu Reeves) deve difendere il giovane Mike (Gabriel Basso) dall’accusa di omicidio del padre Boone (Jim Belushi), suo vecchio collega ed amico: la polizia ha trovato il cadavere con un pugnale nel torace e Mike che ha dichiarato subito la sua colpevolezza. Come se ciò non bastasse per rendere il caso molto difficile, il ragazzo dalla morte del padre non apre bocca e Ramsey quindi non ha avuto modo di parlare con lui.

Questo film sembra arrivare direttamente dagli anni ’90, quando il legal drama cinematografici erano molto di moda e riscuotevano numerosi successi. Questo anacronismo tuttavia non rema contro la riuscita della pellicola: nonostante qualche piccolo buco di sceneggiatura, la Hunt tesse ottimamente la tela della trama, riuscendo a tenere lo spettatore incollato allo schermo per tutta la durata. A farla da padrona è l’ambiguità, visto che, come sentiamo dire da Reeves, “tutti quelli che si siedono al tavolo dei testimoni mentono, a noi sta capire quale sia la bugia”. Infatti noi da spettatori percepiamo che c’è qualcosa che non va nella versione di tutti, sia dei testimoni dell’accusa, sia di quelli della difesa (tra i quali c’è la madre di Mike, Loretta, interpretata da una Renee Zellweger quasi irriconoscibile). Il whodunit – ovvero contrazione dell’espressione who has done it? (chi l’ha fatto?) – tipico di questo genere si trasforma quasi in un whydunit e howdunit – sterzando sul perché e il come – grazie all’ottima caratterizzazione dei personaggi, dalle mille sfaccettature. La doppia verità del titolo nel finale diventa forse una tripla verità, ma in realtà “tutti mentono”, quindi forse non sapremo mai quale delle tre verità scegliere.

Emm. Pal.