“La Sposa Bambina”. Il cinema che fa bene all’anima

La sposa bambina, film-documentario girato dalla regista Khadija al-Salami, affronta una tematica importante: i matrimoni forzati e precoci. Questo genere di pratica è abituale in paesi rurali dove la sofferenza e la povertà raggiungono i massimi livelli. Molto spesso le giovani donne, in età precoce, sono vendute al migliore offerente dai propri genitori e sono costrette a subire qualsiasi cosa da parte di colui che, non l’amore ma il denaro, ha deciso di essere il marito affinchè possano continuare a vivere. Ma questa è vita? E a quale prospettiva potranno mai affacciarsi, se non s’insegna loro la dignità, il rispetto e la non violenza?

A questo proposito, nasce la pellicola che con sensibilità e delicatezza racconta la storia, vera, di Nojoud che a soli dieci anni prova, e ci riesce, a convincere un giudice a concederle il divorzio. La ragazzina di origini yemenite, ovviamente è divenuta l’esempio di chi ce l’ha fatta e di conseguenza altre ragazze stanno, e dovrebbero sempre più, provando ad ottenere lo stesso risultato ma per una Nojoud ce ne sono tante altre che, purtroppo, non ce la fanno e continuano a vivere in quelle condizioni. Anche la regista del film è stata vittima di questo meccanismo/fenomeno evidente, ormai, da parecchi anni e molto probabilmente nel dirigere alcune, se non tutte, le scene ha vissuto e ricordato dei momenti abbastanza tristi ma il coraggio di affrontare ciò che ci ha fatto male, ci rende ancora più forti. Inoltre, quest’iniziativa, anche se unicamente attraverso delle immagini, è riuscita a dare voce a chi voce e spazio non ne ha.

C’è da sottolineare che “La sposa bambina” ha superato molto bene, nel nostro paese e in altri, la prima settimana di programmazione e questo è un bel segnale perchè vuol dire che il pubblico ha voglia di recepire messaggi intensi da cui essere colpiti. Ciò valorizza, ancora di più, il lavoro svolto da tutti coloro che hanno lottato e faticato per contribuire alla realizzazione di questo che potremmo definire un vero e proprio progetto umanitario. La luce sui diritti umani, non deve mai abbassarsi. È d’obbligo, quindi, nominare la Barter Enterteinment e Amnesty International Italia.