La 62° edizione dello Strega a Giordano

Lo scorso 3 luglio si è concluso il Premio Strega con la tradizionale serata di chiusura al Ninfeo di Valle Giulia a Roma. Nella cinquina finale figuravano ben due napoletani: Ermanno Rea con “Napoli Ferrovia” e Diego de Silva con “Non avevo capito niente”.
Tra il disincanto del primo, con ricordi amari e aspri su di una città che non risorge, e l’ironia del secondo su un argomento quanto mai attuale come la camorra, la spunta, al di là di ogni pronostico, il torinese Paolo Giordano, con il suo romanzo d’esordio: “La solitudine dei numeri primi”.
Quello di Giordano è stato un esordio fulminante: l’universo dei numeri come metafora di una malinconica storia di amore e di vita, più di duecentomila copie vendute, e l’onore di essere uno dei più giovani scrittori a figurare nel palmares dello Strega.
Premio che, nonostante le critiche di chi lo ritiene una vetrina meramente commerciale per autori imposti poco democraticamente dalle case editrici, continua a serbare il prestigio dei primi anni, quando la corona di migliore autore dell’anno spettava a nomi quali Ennio Flaiano o Giuseppe Tomasi di Lampedusa.
Ancor più una sorpresa è stata la mancata alternanza tra le case editrici per aggiudicarsi la vittoria finale. È la seconda volta consecutiva, infatti, che la Mondadori vede un suo libro insignito del prestigioso premio – l’anno scorso vinse Ammaniti con “Come Dio comanda”.
La vittoria di Giordano è più che legittimata, e merita gli onori delle cronache, oltre che un inaspettato traino nelle vendite.

(A. V.)