“Il deserti dei Tartari” in scena al Mercadanbte

Sfruttare il nome dei Tartari per evocare l’idea di una minaccia militare, di un’invasione da parte di un popolo crudele, guerriero e sconosciuto.

In verità i Tatari o anche detti per l’appunto Tartari sono un gruppo etnico dell’Europa orientale e della Siberia. Il nome deriva da Ta-taDada, una tribù di origine turca che abitava le steppe a nord dell’odierna Mongolia già nel V secolo.

Da questa idea Dino Buzzati scrisse nel 1940 il romanzo “Il deserto dei Tartari”, entrando di diritto tra i grandi della letteratura italiana del ‘900.

La maestria del regista Paolo Valerio è stata quella di portare l’affascinante mondo dello scrittore al teatro Mercadante di Napoli dal 17 al 22 aprile.

L’omonimo spettacolo teatrale, della durata di un solo unico atto, segue fedelmente la sinossi del libro.

La trama infatti segue la vita del sottotenente Giovanni Drogo dal momento in cui, divenuto Ufficiale, viene assegnato come prima nomina alla Fortezza Bastiani, molto distante dalla città.

Il romanzo della stasi per eccellenza, basato su un tempo apparentemente immobile fa perno sulla

Fortezza, ultimo avamposto ai confini settentrionali del Regno, domina la desolata pianura denominata “deserto dei Tartari”, un tempo teatro di rovinose incursioni da parte dei nemici.

Tuttavia, nessuna minaccia è più apparsa su quel fronte; la Fortezza, svuotata ormai della sua importanza strategica, è rimasta solo una costruzione arroccata su una solitaria montagna, di cui molti ignorano persino l’esistenza. L’ossessione del protagonista è veder comparire un nemico all’orizzonte; così facendo nell’estenuante e vana Giovanni Dogo, trascorrerà tutta la sua esistenza in quel luogo.

Un grande spettacolo al Mercadante di Napoli, regia di Paolo Valerio e con Leonardo De Colle, Alessandro Dinuzzi, Simone Faloppa, Marina La Placa (theremin), Marco Morellini, Roberto Petruzzelli, Mario Piluso (pianoforte e fisarmonica), Christian Poggioni, Stefano Scandaletti. Le scene sono di Antonio Panzuto, video di Raffaella Rivicostumi di Chiara Defant, le musiche originali di Antonio Di Pofi e le luci Enrico Berardi.