Finiti o infiniti? Il ritorno dei Deep Purple

InFinite” è una parola che lascia scorrere l’immaginazione, che inevitabilmente ti fa concentrare sulla F maiuscola e correre alla ricerca del suo significato. E’ il titolo del ventesimo album in uscita il 7 aprile, di un pezzo di storia della musica internazionale: i Deep Purple.

Ancor prima di diventare una band da 100 milioni di copie vendute, i Deep Purple erano ben decisi a trarre ispirazione dai Led Zeppelin dopo aver ascoltato i loro primi due dischi: “ Da quel momento decidemmo che quella era la musica che volevamo suonare anche noi” dichiara Ritchie Blackmore.

Lunga e travagliata è stata la storia di questa band, che ha visto almeno quattro voci diverse (Rod Evans, David Coverdale, Joe Lynn Turner fino all’attuale Ian Gillan) quattro chitarre diverse (Ritchie Blackmore, Tommy Bolin, Joe Satriani, fino all’attuale Steve Morse) tre bassi diversi (Nick Simper, Glenn Hughes, fino all’attuale Roger Glover) due tastiere diverse (Jon Lord e l’attuale Don Airey) ed un’unica e quasi immortale batteria (Ian Paice).

Che ‘Infinite’ non sia un album scontato ce lo dice la freschezza e la credibilità dei brani, come se il gruppo fosse appena nato e avesse tanta voglia di fare, ma ha anche la maturità e la completezza di musicisti che della musica ne fanno la loro aria. Perché “InFinite”? La realtà è che neanche loro lo sanno, è stata la casa discografica a deciderlo e a creare ansie e dubbi su quella F, e su una parola che può significarne due. Non ci è dato sapere se il “Long Goodbye Tour “ sia davvero un addio, ma anche se fosse, i Deep Purple possono ritenersi soddisfatti del loro percorso e ricevere, a 70 anni suonati, tutti gli applausi che meritano.

Adr. Cri.