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Il terrorismo visto dall'interno

Antonio Salas ha vissuto sei anni fianco a fianco con i terroristi. Si è creato un’identità fittizia, un passato, un matrimonio con una giovane donna uccisa da un attacco israeliano in un piccolo villaggio della Cisgiordania. Ha bevuto litri e litri di succo di carote in modo che la sua pelle diventasse più scura e fosse più credibile il passato da sudamericano che si era costruito. Salas, il cui nome è ovviamente fittizio, è un giornalista zelig, un infiltrato.

In questi sei anni durante i quali ha fatto parte di una cellula terroristica e ha conosciuto i più grandi stragisti e leader del terrorismo, tra cui Carlos lo Sciacallo, ha appuntato tutto quello che vedeva e sentiva, sui suoi taccuini, si è lasciato messaggi in segreteria, ha registrato con una videocamera nascosta, e infine ha pubblicato un libro-reportage: “L’infiltrato” edito da Newton Compton.

Si parte dalla sua formazione come mujahid nei campi del Venezuela di Chàvez, terra di addestramento per guerriglieri: futuri membri della Farc, ELN messicano, Eta Basca, vengono allevati qui da esperti e anche da ufficiali dell’esercito venezuelano.

È uno dei pochi – dettagliato e avvincente – forse l’unico che dà un punto di vista diverso, dall’interno, svela meccanismi, logiche, dinamiche del folto sottobosco del terrorismo internazionale.

F. P.

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