Come cambiano le tecniche di restauro

Le moderne tecniche di spettrometria di massa, per la loro versatilità e sensibilità, ben si prestano alla complessa analisi dei composti organici ed inorganici impiegati nelle opere pittoriche. Un problema analitico particolarmente impegnativo riguarda la definizione dei materiali di natura proteica, come le proteine del latte, delle uova, delle ossa, usate per fissare i colori sulle superfici da dipingere. Anche al fine di indirizzare correttamente l’opera di restauro è importante definire quali di questi leganti/collanti sono stati usati ed eventualmente in quali proporzioni. Ad una tale problematica possono oggi rispondere le strategie di analisi globale delle proteine che sono basate su tecnologie di spettrometria di massa e di bioinformatica e che prendono il nome di proteomica.

Il gruppo di studiosi e di ricercatori che sono impegnati in studi e ricerche di proteomica presso il Dipartimento di Chimica Organica e Biochimica dell’Ateneo Federico II, ha recentemente rivolto la sua attenzione, su impulso del Professore Gennaro Marino, alle applicazioni di questa scienza ai beni culturali. Su frammenti microscopici provenienti dalla volta della Basilica di Assisi dopo il crollo in seguito al terremoto del 1997, in collaborazione con il gruppo del Professore Sgamellotti dell’Università di Perugia, sono state definite le proporzioni dei leganti proteici che i grandi maestri del trecento, Giotto e Cimabue, avevano usato nella realizzazione dei loro capolavori. Partendo da queste premesse i Professori Leila Birolo, Piero Pucci e Gennaro Marino, in collaborazione con la Professoressa Perla Colombini dell’Università di Pisa, hanno recentemente rivolto l’attenzione non solo all’identificazione dei leganti ma anche alle loro alterazioni dovute sia a trattamenti specifici del dipinto sia al naturale invecchiamento dei materiali.

Alcuni frammenti del ciclo di affreschi sull’allegoria della morte di Buonamico Buffalmacco del Camposanto Monumentale di Pisa sono stati analizzati prestando particolare attenzione alle modifiche chimiche presenti sulle proteine in paragone con campioni di riferimento. Il deterioramento dei leganti proteici può essere evidenziato seguendo la deammidazione di due residui amminoacidici, l’asparagina e la glutammina, che costituiscono dei veri e propri orologi biologici. I risultati ottenuti sono stati recentemente pubblicati sulla prestigiosa rivista americana “Analytical Chemistry”. In una prospettiva di assoluta novità, questi studi potranno essere estesi a caratterizzazioni molecolari del deterioramento di opere d’arte che potranno essere utili anche per successivi interventi di restauro.

Le sinergie tra scienza, arte ed archeologia di cui questa ricerca è un esempio, sono sempre più auspicabili in una realtà come quella italiana ed in particolar modo quella campana, ricca di opere d’arte uniche al mondo, la cui conoscenza e conservazione per le generazioni future costituisce una fonte inestimabile non solo di ricchezza culturale, quanto mai in questo momento negletta, ma anche, in una visione certamente più lungimirante, di rilevanti risorse economiche.

Per informazioni: Dipartimento di Chimica Organica e Biochimica – tel. 081.674.476 pubs.acs.org/doi/full/10.1021/ac1027275