Civiltà perduta: il fascino dell’ignoto

Nel cuore del deserto verde dell’Amazzonia c’è Z, l’ultimo tassello della storia dell’umanità che non aspetta altro che venire alla luce.

Tratto dall’omonimo bestseller di David Grann, “The Lost City of Z” – per il pubblico italiano “Civiltà Perduta” – è l’ultimo lavoro di James Gray che narra l’affascinante storia (vera) di Percy Fawcett. Fawcett (Charlie Hunnam) è un ufficiale britannico che agli inizi del Novecento salpa alla volta di terre inesplorate. La spedizione (tra questi Robert Pattinson nelle vesti dell’esploratore Harry Continua), messa a dura prova da fame e malattie, s’imbatte in quelli che sembrano essere i resti di un’antica civiltà, lì dove l’uomo bianco non si era mai spinto prima.

Una scoperta sensazionale, che la comunità scientifica inglese tarda a riconoscere. Circa vent’anni dopo Fawcett e il figlio maggiore tornano insieme in quella terra splendida e ostile, determinati a provare l’esistenza di Z. Percy Fawcett, inizialmente mosso dall’onore e dalla voglia di riscattare il nome della propria famiglia, si rivela presto animato da qualcos’altro: il desiderio forte di conoscenza che è curiositas e che diviene quasi ossessione.

Più in patria che altrove si riscopre straniero in terra straniera. E va: oltre le colonne d’Ercole del pregiudizio, frutto dell’ignoranza becera dell’uomo bianco che considera selvaggi gli Indios; oltre l’ignoto che porta lontano e tanto vicino da far finalmente incontrare i cuori di padre e figlio. “The Lost City of Z” è il viaggio di un uomo che insegue con lucida follia il suo destino. È un film dalla sceneggiatura semplice, con buone prove attoriali (in primis quella di Charlie Hunnam) e belle immagini, che tuttavia non sempre riescono a rapire lo spettatore.

E se è vero che “sognare, ricercare l’ignoto, inseguire ciò che ci affascina è già questa una ricompensa”, non resta che andare al cinema e intraprendere l’avventuroso viaggio.

Cri. Sco. d’Ab.