Un incontro sul teatro di Pasolini

Giovedì 15 giugno 2017 alle 14.30, presso l’aula multimediale 342 dell’Ateneo fredericiano, Dipartimento di Studi Umanistici – via Porta di Massa, 1, si terrà, nell’ambito del Master in Drammaturgia e Cinematografia, il seminario dal titolo “Le radici del dialogo. Il teatro di Pier Paolo Pasolini”. Intervengono lo studioso statunitense Mark EpsteinMatteo Palumbo e Pasquale Sabbatino.

Pasolini mostra un vivo interesse per il teatro fin dalla giovinezza. «Bisogna, tuttavia, arrivare agli anni Sessanta perché scriva i suoi testi più importanti e conosciuti: da Pilade ad Affabulazione Calderon.

«Si tratta di opere – spiega Matteo Palumbo – assai originali nel panorama italiano. Esse mostrano una strada inedita nella storia del teatro moderno. Tracciano una terza via, che si distingue dal classico teatro borghese e dalle sperimentazioni più audaci e radicali  dell’Avanguardia. Pasolini teorizza una forma di rappresentazione che chiama “teatro della Parola”: opposto sia alla “Chiacchiera”, con cui identifica la Tradizione borghese, e sia al “Gesto e dell’Urlo”, con cui riassume la rivolta sperimentale. La Parola che egli insegue non ha però nessuna prossimità con la lingua comunemente adottata. Per lui, anzi, “il parlato teatrale italiano non ha mai tracce di realtà”. Esiste una sola eccezione a questa artificialità dominante. Essa è rappresentata dal teatro di Eduardo e dalla “purissima lingua teatrale” del suo napoletano».

«Nel prologo di Affabulazione – continua Matteo Palumbo – l’ombra di Sofocle avverte che sta per inaugurare “un linguaggio troppo difficile e troppo facile”: difficile per spettatori medi, abituati alle banalità della società in cui vivono; facile, invece, “per i pochi lettori di poesia”. Questo tipo di teatro è l’obiettivo di Pasolini. Nella sua forma, stabilisce una marcata affinità con il cinema. Entrambi i linguaggi trovano una comune matrice nell’idea di poesia e delle sue leggi».