Genio e follia di Gemito al San Ferdinando

Tratto dal romanzo omonimo di Wanda Marasco, “Il genio dell’abbandono”, già finalista al Premio Strega nel 2015, arriva sulla scena, al Teatro San Ferdinando di Napoli in un atteso debutto per la di Claudio Di Palma

Dal 22 febbraio fino al 5 marzo, Claudio Di Palma, regista e attore di riferimento dello Stabile di Napoli, porta in scena – in prima nazionale al Teatro San Ferdinando di Napoli dal 22 febbraio al 5 marzo – l’adattamento teatrale del romanzo di Wanda Marasco Il genio dell’abbandono, edito da Neri Pozza, finalista al Premio Strega 2015. Lo spettacolo, prodotto dal Teatro Stabile di Napoli-Teatro Nazionale, è interpretato da Angela Pagano (nel ruolo di Giuseppina Baratta), Claudio Di Palma (in quello di Vincenzo Gemito), Cinzia Cordella (Mathilde Duffaud), Paolo Cresta (il Dott. Virnicchi), Francesca De Nicolais (Peppinella Gemito),Giacinto Palmarini (Emanuele Caggiano), Alfonso Postiglione (Antonio Mancini), Lucia Rocco (Nannina Cutolo), Gabriele Saurio (Masto Ciccio). Le luci sono di Gigi Saccomandi, le scene di Luigi Ferrigno, i costumi di Marta Crisolini Malatesta, le musiche di Paolo Vivaldi.

“Io sento tutte ‘e ccose! Comme si chesta fosse cella mentale…”.

Questo confessa Gemito introducendo la propria condizione di prigioniero della pisiche. Una reclusione intima e finale, irredimibile e profonda. Ed è proprio questa reclusione a rappresentare il luogo del presente in cui cercano, sulla scena, senso e dinamica, continuità e tempo i segmenti narrativi della straordinaria biografia sincronica articolata da Wanda Marasco per raccontare del genio e dell’abbandono di Vincenzo Gemito.

Il regista racconta che in scena è il corpo già finito o forse solo non nato di un folle, un corpo attraversato da ombre occulte che ammuinano il cervello, un corpo alla ricerca di una forma finale… ammacari di piscatoriello, un corpo/cella nel quale risuonano ancora tutte ‘e ccose: affettuosità e violenze, perversioni innocenti, amicizie fernute. Risonanze che, “pure se fosse solo pazzaria del ricordo”, sono ancora dolorose. Risonanze che prendono forma in corpi di matre, di mogliere sbagliate, di buon patre, di spiriti di compagnia in carne…. ed ombra. Sono tutti suoni percepiti e non sentuti per effetto del litio mancante, forse, o del bismuto curativo squagliato nelle serenghe; prodotti di una insana ‘nfrancesatura (sifilide contratta in terra parigina) o meglio ancora effetti di quella naturale distonia tra il reale ed il presunto tale che sempre sostanzia la vita creativa di un artista. Quel che ne risulta, dunque, è un Vicienzo in vorticoso delirio ai cui occhi anche Napoli si prefigura come panorama distorto e ‘nguacchiato, anche la Storia, con le sue presunte verità, si accartoccia e stinge in devianze visionarie. I disegni e le sculture, invece, si concretano solo nelle parole, attendono forma dallo struggimento di interiezioni e diverbi, di urla e sospiri e la lingua si modula, così, sui registri variabili di un dialetto napoletano ad un tempo aspro e colto, basso ed aeriforme che si configura come unica, possibile declinazione del verbo della sofferenza».

Per Wanda Marasco «Le vite che possiedono l’annientamento e la capacità di sopravvivere, ovvero le linee essenziali del dramma, appartengono per loro natura al teatro».

Info www. teatrostabilenapoli.it | tel 081.292030 / 081.291878 | e.mail: biglietteria @teatrostabilenapoli.it

Orario rappresentazioni: 22, 24, 28 feb, 3 mar ore 21.00; 23 feb e1e 2 mar ore 17.00

25 feb e 4 mar ore 19.00; 26 feb e 5 mar ore 18.00