L’astratto agire dell’uomo nelle opere di Rudolf Polanszky

Sabato 20 febbraio alle ore 11.30 presso Fondazione Mondragone (Piazzetta Mondragone 18, Napoli) si terrà il finissage della mostra “Paradox Transformations” di Rudolf Polanszky, prima personale dedicata all’artista austriaco in Italia, realizzata nell’ambito di “PROGETTO XXI ed. 2015” dalla Fondazione Donnaregina per le arti contemporanee in collaborazione con la Fondazione Morra Greco, già ospitata, dal 15 dicembre 2015 al 20 febbraio 2016, presso la sede della Fondazione Mondragone di Napoli, Istituto di Alta Cultura e Organismo di Formazione e di Orientamento della Regione Campania, Museo del Tessile e dell’Abbigliamento “Elena Aldobrandini”.

All’evento parteciperà l’artista con il curatore della mostra, Francesco Stocchi, e Pierpaolo Forte, presidente della Fondazione Donnaregina per le arti contemporanee, con Andrea Viliani, direttore del museo MADRE, Maurizio Morra Greco, presidente della Fondazione Morra Greco e Raffaele Balsamo, commissario straordinario Fondazione Mondragone.

Nei due mesi di esposizione sono state presentate in mostra una ventina di opere su tela e scultoree, realizzate tra gli anni Novanta e il 2015: ogni opera prende forma nell’atto fisico della creazione, esplorando la relazione tra l’astrazione e lo spazio dell’agire umano.

Interessato alla ricerca spaziale degli anni Sessanta, e testimone dell’esperienza dell’Azionismo Viennese nella sua attitudine più gestuale ed immediata, Polanszky sviluppa un linguaggio intimo, anche consapevolmente criptico, dando ai suoi gesti forma e tempo dissociativi, a partire dall’impiego di materiali di scarto.

L’approccio dell’artista si compie nel tentativo di analizzare gli elementi fondamentali del linguaggio creativo: spazio, luce, colore, ritmo. Intendendo la pratica creativa come genuina espressione cognitiva, il non-sapere intellettuale genera il fare artistico che diviene un tentativo per conoscere l’incognito.

Le sculture dell’artista, in particolare, si compongo di una serie di elementi ricorrenti, come acciaio, legno, plexiglass, piume, schiuma, colori, riflessi, precarietà, memoria. Uniti fra loro, questi elementi tracciano la forma del vuoto, espressa in una idiosincrasia verso la gravità. La stessa tensione si ritrova nelle opere su tela dell’artista, veri e propri bassorilievi che esaltano le proprietà dei materiali.

Il lavoro e le intenzioni dell’artista si evolvono, così, insieme con la ricerca concettuale, concentrata sullo statuto dell’opera d’arte, la sua definizione e la sua percezione. Mantenendo come orizzonte il pensiero sullo spazio, Polanszky manipola in questo modo la materia fino ad arrivare al vuoto, fino a preferire i processi alle forme, le idee alle realizzazioni, la vista al tatto, il vuoto, il silenzio, l’assenza. Ogni opera è a sua volta una metafora, un mito condensato, una stratificazione di esperienze e simboli investiti della sua stessa interiorità.