Scorre ancora il fiume infinito dei Pink Floyd

Una barca a remi naviga tra le nuvole, diretta verso una luce all’orizzonte:  la copertina di “The Endless River”, uscito il 7 novembre scorso, evoca l’emozione forte di un album dei Pink Floyd dopo vent’anni da “The Division Bell”. E  secondo il batterista Nick Mason, sarà anche l’ultimo della loro carriera.

“The Endless River” è stato prodotto a partire da 20 ore di registrazioni destinate inizialmente a ad affiancare “The Division Bell” del 1994, e non sorprende, quindi, che in alcune parti appaia simile al disco precedente.

Dopo un ascolto più attento, però, si nota che il fiume infinito dell’album trasporta con sè innumerevoli richiami anche agli altri lavori del gruppo inglese, che riemergono di tanto in tanto da nebbie ambient non sempre facili da attraversare ma mai noiose o fini a se stesse.

Come affermato da David Gilmour, “The Endless River” riesce a convincere soprattutto se ascoltato nella sua interezza; lasciando che le singole tracce cedano il passo a un paesaggio sonoro più ampio.
Complice di questa atmosfera è l’apparizione postuma di Rick Wright, il tastierista scomparso nel 2008, al quale i due restanti membri della band hanno dedicato il disco, composto da 18 tracce che formano quattro suite quasi interamente strumentali.

L’unica traccia non strumentale è anche l’ultima, e con essa si chiude un album a tratti impegnativo, ma che non delude le aspettative e che da molti è gia stato definito il “canto del cigno” dei Pink Floyd.

And. Cas.