Treno di notte per Lisbona

Siamo a Berna. Su un ponte, il pedante Mundus, insegnante di lingue morte, incontra una misteriosa portoghese. Forse vuole lanciarsi. Mundus la trattiene.

Con ancora in mente l’alone enigmatico della donna e della notte, l’indomani mattina gli capita tra le mani la biografia di Amadeu Prado, medico ed intellettuale lusitano. La frase che il libraio gli traduce lo colpisce: ”Se è così, se possiamo vivere solo una piccola parte di quanto è in noi, che ne è del resto?”. È questo il folgorante inizio di “Treno di notte per Lisbona”,  
di Pascal Mercier (Mondadori, pp. 431, € 9,40).

L’esistenza tranquilla di Mundus non chiede altro per essere stravolta. Una distanza, non solo fisica, sta per essere colmata: egli mette da parte le certezze che credeva di aver accumulato.

Compra il libro, un corso di portoghese e parte. In poche ore è su un treno diretto a Lisbona sulle tracce di quell’ ”orafo delle parole”  dalla cui storia è così affascinato, pur non capendone il motivo.

Nel viaggio, a tratti onirico, nelle terre portoghesi, il libro del medico sarà una guida anche spirituale.

In una terra piena di luce si sveleranno i lati più bui della storia portoghese, vissuti in prima persona da Prado, con la sua irrisolta tensione morale. La dittatura e gli amori, alti ideali e comuni paure, riflessioni sulla propria e altrui anima.

Le esistenze dei due personaggi corrono in parallelo, in un evocativo crescendo ed incrociarsi di situazioni, assonanze, legami e dubbi. Un “giallo dell’anima”  da cui è difficile non farsi coinvolgere.

(A. V. )