“Across the Universe”: occasione sprecata

Prendete il musical più originale degli ultimi anni, Moulin Rouge, aggiungeteci le canzoni più belle del mondo, quelle dei Beatles, togliete quel genio di Baz Luhrman dalla macchina da presa e sostituitelo con una Julie Taymor non in perfetta forma.
Il risultato è Across the Universe, un film che ci fa capire come il musical del XXI secolo necessiti di un regista visionario e folle per non apparire ridicolo.

Semplice la trama: Liverpool, anni ’60, Jude si imbarca per l’America alla ricerca del padre che non ha mai conosciuto. Approda in un piccolo paese di provincia dove conosce Max e Lucy, di cui si innamora. A New York incontrano Sadie, una cantante palesemente ispirata a Janis Joplin, e JoJo, blues-man hendrixiano. Tutti vengono trascinati nei movimenti pacifisti e controculturali, guidati dal “Dottor Robert”, un Bono Vox versione country.

Oltre ad alcune discutibili scelte registiche e attori non all’altezza, la pellicola risulta troppo patinata. I testi delle canzoni dei Fab 4 vorrebbero sostituire i dialoghi dei protagonisti, ottenendo non un’opera omogenea ma solo scene slegate tra loro. Lo sforzo che viene attuato per tenere insieme questa sequenza di 33 videoclip musicali – tanti quante le canzoni dei Beatles (re)interpretate – è il limite più grande di questo film.

Il mix del Peace, love & Rock’n’Roll stride come una chitarra scordata.
I nostalgici dei mitici anni ’60 potranno consolarsi con la scenografia di Mark Dreville, già acclamato per The producers. Il resto è un’occasione sprecata.

(S. D. V.)